Un piatto di pasta

Il pasto nudo: quel momento cristallizzato nel tempo in cui ognuno
vede ciò che ha sulla punta della forchetta.”
(William Burroughs, Pasto Nudo)

 


Ora di pranzo, ora di prepararsi qualcosa di commestibile. Un piatto di pasta, diciamo. Semplice, veloce, buono. Cardine dell’alimentazione italiana. Cosa c’è di complicato in un piatto di pasta?

Il cibo per noi esseri umani è molte cose, ma l’esperienza che ne facciamo può essere distinta in due livelli:

- il primo livello è quello più basilare, quello del sostentamento. Grassi, vitamine, proteine, minerali, carboidrati. Non credo ci sia bisogno di spiegarlo;

- il secondo livello comprende tutto ciò che esula dal mero sostentamento fisico. Gli aspetti sociali e culturali, le emozioni e i pensieri che un dato piatto evoca e, sì, anche il giro d’affari legato al mondo della ristorazione e una certa idea del cibo come marca, come moda.

Per quanto non strettamente necessario alla sopravvivenza fisica, il secondo livello comprende molti aspetti che sono ugualmente essenziali per il benessere delle persone. Le miriadi di ricette passate e presenti possono sembrare elaborazioni superflue, ma se lo fossero non saremmo, in tempi antichi, andati oltre il cuocere gli alimenti quel tanto che bastava per scongiurare una morte prematura e ridicola. L’aspetto conviviale del pasto, che sempre più sembra passare in secondo piano, costituisce invece un’esperienza fondamentale. L’atto di cucinare per sé e per gli altri, mantenendo viva una memoria storica vecchia di millenni; preparare il pasto e con esso creare un luogo e un momento sicuri per tutti i partecipanti, al di fuori dei pericoli e delle preoccupazioni della vita. Aspetti che in questa fase della nostra esistenza tendono a venire meno.

È una mera constatazione, priva di polemica o paternalismo. Sono aspetti della vita quotidiana in cui caschiamo tutti di continuo, per i motivi più disparati.

A meno di non prestare attenzione a ciò che facciamo.

Torniamo al piatto di pasta e proviamo a pensare a tutto ciò che implica prepararlo.

Ci servirà una pentola, solida e che non disperda metalli dannosi, e ci servirà dell’acqua, se possibile di buona qualità. La scelta dell’acqua non è secondaria, perché servirà non solo per bollire la pasta ma anche per reidratarla. Meglio quindi che non siano presenti sostanze inquinanti: vivendo in Europa il calcare è un problema, ma ancora peggio sono arsenico, rame, bario e compagnia. Passare l’acqua in una caraffa filtrante può essere una buona idea, applicare un filtro al rubinetto o all’impianto di casa può essere ancora meglio. Inutile preoccuparsi del cloro, è un elemento volatile ed evaporerà non appena l’acqua comincerà a scaldarsi.

A proposito di scaldare l'acqua, nel Nord Europa, ma anche in Germania, hanno una certa paura delle fiamme libere e ogni cucina è dotata di moderne piastre a induzione in ceramica. Un consumo di elettricità non indifferente, che popoli come quello svedese si possono permettere grazie a un buon numero di centrali nucleari. Noi ci dovremo accontentare del gas, perdendo qualche secondo per pensare al tragitto che ha fatto per arrivare fin da noi. La maggior parte del gas italiano proviene dalla Russia, ma quantità considerevoli arrivano anche dai Paesi Bassi, dall'Algeria e dalla Tunisia. Una comoda fonte di calore, il fornello a gas, rapido, semplice e stabile - se non riuscite ad apprezzarlo provate a cucinare sopra un falò, con il vento, la legna verde e il cibo che brucia.

Il cibo, giusto. Se non avesse una funzione secondaria oltre al sostentamento, difficilmente saremmo andati oltre il raccogliere il frumento selvatico e consumarlo così come capita. Già ridurlo in farina sarebbe sembrato una complicazione inutile. Invece non solo ne abbiamo fatto farina, ci siamo anche ingegnati su come darle forme sempre nuove che stimolassero i cinque sensi in modo diverso. Quando questo non è stato più sufficiente, abbiamo cominciato a mischiarla con altre farine e altri ingredienti. Non male, per delle scimmie nude. Un processo simile l'ha subito il pomodoro, in origine poco più di una bacca giallastra, ma col tempo così apprezzato da guadagnarsi nomi come il tedesco Paradiesapfel (lett.: mela del paradiso, ripreso come calco nel croato rajcica e paradajz). La provenienza dei pomodori nella grande distribuzione è una questione spinosa, ed era già tale quando chi li raccoglieva non veniva dall'altra parte del mare. Per evitare di nuocere ai nostri fratelli e sorelle, una buona soluzione può essere coltivarli in proprio o, in alternativa, scegliere cooperative eque e solidali (e, soprattutto, trasparenti).

Cosa manca? Olio, l'oro verde d'Italia, così prezioso che in passato siamo arrivati letteralmente a ucciderci per averlo - motivo per cui quello dell'olio bollente durante gli assedi medievali è un falso mito: l'acqua bollente svolge altrettanto bene il suo lavoro e ha il vantaggio di non mandare in fumo il lavoro di un anno.

Che altro? Basilico, origano, aglio, cipolla. La prima volta che le abbiamo assaggiate, queste piante, devono averci fatto l'effetto di una dose di eroina, perché altrimenti non si spiega come siano passate dal ruolo di gramigna a quello di pietra miliare della cucina italiana.

Infine il sale. Esistono al mondo centinaia di varietà di sale, ma noi ci accontenteremo di quello del supermercato. Pensare agli uomini e alle donne che hanno reso possibile la distribuzione di massa di cristalli tanto preziosi può essere un buon modo per concentrarci su quello che abbiamo davanti.

Concentrarci, sì, perché adesso arriva il bello. Abbiamo il nostro piatto di pasta fumante davanti a noi, pronto per essere consumato. Chiudiamo gli occhi. Chiudeteli, maledizione. Avviciniamo il viso al piatto, accogliamo il calore e l'umidità del vapore che sale. La vista adesso non ci serve, piuttosto concentriamoci sull'olfatto e sulla combinazione di odori che raggiunge le nostre narici. Assaporiamo un singolo pezzo di pasta, cerchiamo di cogliere la viscosità della salsa e dell'olio, la ruvidezza della farina. Basta poco per accorgerci che le nostre papille gustative sono in estasi, inondate dal grasso, dall'acido e dal salato. Prendiamo una forchettata più generosa, godiamo della sostanza e dell'energia che questo cibo ci dona. Un momento di tranquillità in cui nutrirci è più di quanto molti di noi possano avere. Buon cibo, il risultato di buone azioni. Godiamocelo.

 

Davide Tessitore
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